mercoledì 15 aprile 2009

RECESIONI ED INTERVISTE IN ATTESA DELLA QUARTA RISTAMPA

























Palude
di Enrico Astolfi

Recensione di Marco Meneghetti su www.sugarpulp.it
Personalmente, sono sempre stato attratto da luoghi come Ferrara. Una città piccola, con un centro storico schietto e facilmente attraversabile a piedi o in bicicletta, eppure abbagliata dalle luci dell’enorme polo chimico a così breve distanza dall’abitato. Una facciata che nasconde in realtà un lato nascosto, dunque. Qualcosa di buio, di misterioso, che merita di essere raccontato. E questo è proprio ciò che fa l’Astolfi nel suo primo lavoro, edito dalla piccola ma brillante La Carmelina: utilizzare la periferia, i suoi due “grattacieli” e i vicoli stretti del centro come ambientazione per una serie di racconti inanellati fra loro, che rivelano proprio questa “dark side”, tra pensionati stanchi della vita che meditano il suicidio (Giuanin), badanti moldave in cerca di vendetta e ultras della Spal dediti al teppismo. Ogni storia si incastra in quella successiva, creando un piccolo ma tuttavia variegato microcosmo di un’attualità disarmante, in cui potremmo estensivamente e senza fatica riconoscere tutto il nostro Nordest.



PALUDE
Di Alessandra Di Gregorio, Autori, In libreria, Recensione libri, Suggerimenti di lettura.
Ringrazio La Carmelina Edizioni ed Enrico Astolfi.
Recensione a cura di Alessandra Di Gregorio.

Palude è il brillante romanzo di Enrico Astolfi ambientato a Ferrara e nell’idea del ristagnare di situazioni sempre uguali a se stesse, e delle condizioni atmosferiche nella provincia minima italiana. Il testo si può leggere come un romanzo ma anche come una serie di racconti autonomi, tant’è che se iniziassimo dal terzo capitolo piuttosto che dall’ultimo, non troveremmo problemi nel discernimento della storia, anche se Palude ha a suo modo una certa circolarità. I racconti che animano il libro ci espongono situazioni diverse ma parallele, vite intrecciate da una comunanza che non è solo data dalla territorialità limitante (ma poi veramente limitante?), storie scandite stilisticamente in modi molto differenti tra loro - partendo in sordina e finendo in sordina, ma serbando nel mezzo, tra il principio e la fine, il meglio del senno narrativo di un Astolfi autentico e profondo.
L’Autore ha una mano ferma e pacata - e a maggior ragione più brava nel rendere l’idea di catatonica immobilità di un piccolo universo nell’universo, in cui figuri monotoni e stolti si muovono al rallentatore conducendo vite appesantite dalla nebbia. Mediocrità, noia, violenza gratuita, spacciatori di droga, tifo violento, parabole destinate a perdersi e infrangersi. Su tutti però si staglia la storia di Clara e Mimmo, ed è qui che l’Autore ci concede uno spiraglio di sole; lì dove le gonne di Clara si sollevano alle brezze leggere e le parole che Mimmo rivolge all’amata/odiata amica/amante/confidente sono scritte col fuoco anche quando il tratto è leggero e sognante, addolorato e lacrimevole. L’esempio di una storia d’amore che rischiara i cieli villani e tronfi di una località in cui la nebbia tutto affoga e la mediocrità si fa partito. La poetica di Astolfi si dipana qui, dirompente, alle volte scostumata ma leggera, scollacciata e spesso candida, ilare, schietta. La leggerezza svagata e franca che si denota nel mezzo espressivo utilizzato, cattura il Lettore in un tenue sguardo d’insieme che sceglie, in luogo dell’imposizione di un punto di vista univoco, l’immediatezza della fotografia dal vero - e se da un lato svela volti senza faccia, dall’altro esalta un quotidiano spesso sciatto ma degno d’esser visto anche nel riflesso di una penna. L’invito di fondo ci appare come un inno all’osservazione delle realtà quotidiane minime, ricche di sogni inespressi, di vite appese, di esistenze in bilico, ricettacoli di storie incredibili e chiaroscuri inestimabili.

Alessandra Di Gregorio


Palude.

Racconti ferraresi di Enrico Astolfi.
Strani personaggi si aggirano per Ferrara, città sotto il livello del mare, ovvero… Palude.
A Ferrara, più che una città un paese ingrassato a forza di salamina e cappellacci, si conoscono quasi tutti e le voci girano molto rapide:

“Oh, hai presente Astolfi?“

“Chi Enrico?”

“Ma si dai, quello che fa il… che lavora… si insomma, quello che fa le riprese, i video, quelle robe lì… dai quello…”

“Si si… ho capito…”

“Lui… sai che è andato a stare a Roma e lavora là?”

“Ma va?”

“Si… e ha scritto anche un libro che c’è anche in centro, da Feltrinelli… Palude o una roba del genere…”

Sembra che sia riuscito a tirarsene fuori, Enrico, dalla palude ferrarese.
Eppure, sarà la nostalgia della nebbia, non smette di pensare alla città che lo ha adottato.
É a Ferrara che si muovono i singolari personaggi narrati da Enrico nel libro.
Gli ingredienti della ricetta tipica ferrarese ci sono tutti: la Spal, il grattacielo, il Nord Ovest (un bar che è diventato toponimo)…
Leggendo Palude, i ferraresi si ritroveranno a casa. Gli stranieri avranno l’occasione di conoscere la (mia) città, dal punto di vista di uno che è ha trovato la via d’uscita dalla palude… forse.
Lettura ideale, secondo me, per avvicinarsi a Ferrara prima di un viaggio; per chi vuole conoscere il colore della biancheria intima della città: grigio, naturalmente.