martedì 24 novembre 2009

Come Gianni Morondi( nostro cantautore impazzito) scopre di essere Gianni Morondi. Buon divertimento.



DA ACQUA:
Viaggiatori

“Raccontare una notte e farlo quasi al buio, senza sapere dove va a sbattere la penna, sicura e pesante sulla carta, impazzita fra le linee.
Raccontare una notte perché è tante storie.
Molte notti sono uguali ad altre, alcune non sono uguali a niente, questa notte è tutta uguale.
E’ difficile, ma una notte tutta uguale bisogna capirla, invitarla, amarla, e ricordarla.
Una notte tutta uguale è speciale, sono le stesse voci dilatate nel tempo, le stesse storie che si ripetono. Anche la luna, sola nel cielo, sembra rassegnata, sembra aspettare che succeda qualcosa, una qualsiasi cosa, ma non capita niente, assolutamente niente.
Raccontare una notte tutta uguale è entrare nei suoi segreti, liberarsi dei propri, guadarla fissa negli occhi senza paure, e unirsi a lei, lentamente.
Che siano eterni questi momenti!
Io vedo le luci dei fuochi accesi per celebrare la nostra partenza diventare sempre più minuscoli e sento il bisogno di lasciare andare i pensieri attraverso questa notte tutta uguale e farmi accompagnare chissà dove, e il resto non esiste. Questa notte mi deve fare compagnia, ne ho bisogno, perché quello che è successo oggi ha dell'incredibile e solo una notte tutta uguale può abbracciare l'imponderabile.
Siamo partiti per questo viaggio, siamo diretti a Cuba, siamo incoscienti, siamo pieni di fiducia, siamo disposti a sacrificarci. Siamo gli eredi dell’umanità, i figli del fallimento, siamo gli eroi del dopo catastrofe. I degni viaggiatori di questa notte tutta uguale.
Ora ci aspetta Bologna… sono davvero curioso di vedere come si è trasformata la città felsinea, sono veramente entusiasta di questa avventura… della nostra nuova vita.

-Nota per me: questa potrebbe essere una specie d’introduzione, ma non penso che durante il viaggio mi limiterò a raccontare ciò che ci capita… guarda e osserva… poi rielaborerò tutto.
-Nota per gli avi: ricordatemi come il nuovo Erodoto… è giunto il mio momento.”

***

Come ho già accennato, la motivazione scientifica del perché dell'inondazione rimane tuttora una chimera da sfatare.
Anche se, a essere sinceri, la soluzione dell'enigma ormai non appassiona più come all'inizio: ha perso fascino.
Di ipotesi, di supposizioni ne sono state fatte a bizzeffe, partendo da quella più plausibile di uno scioglimento dei ghiacciai dell'Antartico, passando per quella spettacolare e rumorosa dello scontro fra placche terrestri, fino ad arrivare, scomodando la fantascienza, all'immagine luminosa di un'astronave che discende sulla terra e che spara un raggio rosso capace di comandare la materia e di far ribollire il mare.
Non c'è più tempo per le ipotesi, la sopravvivenza necessita di tutte le attenzioni possibili.
A Ferrara ormai quest'accettazione propositiva è diventata uno status quo condiviso dalla stragrande maggioranza della popolazione.
A Bologna invece, come avete sentito da Scorza Dura, le cose sono leggermente diverse: nell'ex capoluogo emiliano alcune dinamiche sono rimaste uguali, l'ordine è mantenuto, seppur a fatica, da un contingente schieramento di polizia capitanato dal sanguigno autoproclamato generale Della Vittoria e da volontari provenienti dalle più svariate realtà cittadine che di un nuovo mondo proprio non ne vogliono sapere.
Quindi anticipiamo i nostri, lasciamoli assopiti sulla zattera. Lanciamo un ultimo sguardo alle luci della felice Ferrara e spostiamoci nella più turbolenta e conflittuale Bologna.
A vederla dall'alto, sembra essersi trasformata in un ragno con le zampe a mollo nell'acqua.
Via Indipendenza è un delirio di tamburelli, arrostini, mangia fuoco, cantastorie, predicatori, imbonitori, un intenso aroma di zucchero caramellato misto a urina.
All'incrocio di via Saragozza una cinquantina di poliziotti in tenuta anti sommossa vigilano silenziosi.
Se ne stanno fermi, immobili.
A qualche metro un cingolato e due macchine dell’esercito.
Tra la folla vagano ansiosi e collerici decine di sgherri dalla milizia irregolare, mercenari di bassa lega che offrono il loro servizio per qualche favore, per del cibo, per avere un giaciglio sicuro.
Una camionetta dei carabinieri arranca sino a via Zamboni, taglia il caos, un punto nero nella variopinta tavolozza in contiuno movimento.
Sotto i portici di via Indipendenza i negozi sono stati chiusi. I commercianti hanno preferito buttarsi in strada, riempiendola, gonfiandola, dipingendola, soffocandola.
Nei paraggi della fontana del Nettuno un drappello di ragazzi balla in maniera scomposta.
Alcuni indiani bivaccano vicino a una bancarella di cesti in vimini. Ridono sonoramente mentre fumano da un enorme narghilé.
In piazza Maggiore, mille bancarelle, tappeti stesi per terra, gabbie con pappagalli gialli, verdi, rossi, gente che baratta di tutto, chiodi, lampade d’epoca, ricambi per auto, carote, patate, mele, vino di campagna, pane e olive, odore di salsiccia. Innumerevoli carrettini, appoggiati negli angoli delle piazze, agli incroci, nei giardini, disperdono un profumo speziato e spigoloso. Una capricciosa minaccia capace di ammaliare le narici.
Il mercato stabile, nato spontaneamente qualche giorno dopo la fine del mondo, ormai, copre tutto ciò che è visibile.
Le Due Torri sembrano essersi rinsecchite al sole, vegliano solitarie, silenziose.
Vecchie icone sopravvissute al disastro, rinate nel miracolo.
Attente e premurose, accompagnano la città in questa sua veste insolita.
Ed è proprio l’inusuale visione della Torre degli Asinelli conficcata in caos multicolore, in un delirio collettivo, ad accogliere Gianni Morondi, cantautore ben noto, in questo nuovo mondo.
Più o meno due settimane dopo l'inondazione si era risvegliato con un gran dolore alla testa e stranito aveva lanciato un'occhiata a un mucchio di libri e cd sparsi sul pavimento. Si era massaggiato la testa, dove, fra i capelli, si era incrostato il sangue.
Il sole filtrava dalle persiane abbassate, qualcuno gridava dall’angolo della via, dei canti striduli, una cantilena dondolante entrava gonfiandosi dentro la stanza.
Smarrito il Gianni nazionale si era alzato. Si era guardato intorno senza capire dove fosse. Assolutamente non si ricordava di quel posto.
Distrattamente aveva percorso quello sconosciuto stanzone, lisciandosi i capelli, ammaliato da quella melodia commovente.
Tremante aveva alzato le persiane lasciandosi inondare dall'immagine folgorante delle Due Torri illuminate da una luce gialla abbagliante, che sembrava volerle bruciare e da quella di piazza Maggiore interamente ricoperta da migliaia di mercanti rumorosi.
Le urla, una signora teneva un cesto di vimini sulla testa, gli odori, da una bancarella si alzava un nube densa, i colori, migliaia di facce che si sfioravano, lo avevano colpito come un fendente.
Stordito era tornato sui suoi passi, barcollando confuso era inciampato.
Strisciando sul pavimento si era rifugiato in un angolo buio e, come un bambino impaurito, si era messo a tremare.
Gli occhi si muovevano da destra a sinistra freneticamente, alla ricerca di qualche prova, di qualche indizio, di qualsiasi cosa gli potesse essere utile a capire cosa fosse successo.
E così aveva iniziato a farsi un miliardo di domande e, mentre cercava di rispondersi, notava dei microfoni, dei mixer, dei monitor di computer, un portatile abbandonato su un tavolo.
Aveva capito.
Era in uno studio radiofonico, a Radio Bologna: c'era una grossa scritta sulla parete che lo testimoniava.
Sì, adesso mi ricordo. Mi ricordo quel ragazzo con quei capelli all'indietro che mi faceva delle domande…
Si era lasciato scappare un sorriso soddisfatto, la memoria iniziava a funzionare.
Purtroppo era solo un abbaglio. In una manciata di secondi si era infatti reso conto di non avere la minima idea del perché qualcuno lo stesse intervistando.
Sarò un politico, un attore… forse sono un atleta o magari un cantante! Sì, forse sono un cantante, se sono in studio avrò a che fare con la musica. Aveva constato sconfortato mentre si toccava la testa che ancora gli doleva.
Più passavano i minuti più si capacitava di non avere molti ricordi a disposizione, di non conoscersi, di non ricordarsi nemmeno il suo volto, di sentirsi un estraneo.
Che sensazione strana! Irreale! Si ripeteva mentre se ne stava seduto a gambe conserte nel centro dello studio.
Finché, accigliandosi, aveva lasciato andare il suo occhio indagatore su quei libri, su quelle riviste, su quei cd sparsi un po’ ovunque, che fino ad allora non aveva considerato minimamente.
Come un felino ci si era tuffato, sperando di trovare in quel variegato miscuglio di informazioni, qualche appiglio per poter riconquistare la sua vita.
Aveva passato un giorno intero a leggere, a guardare le foto, aveva visto un certo Sting che gli piaceva parecchio e si era quasi convito che potesse essere lui. Tutto trafelato aveva cercato uno specchio e si era arreso all'evidenza di non aver niente a che fare con quel bell'imbusto dallo sguardo seducente. Aveva passato in rassegna centinaia di volti, ma niente da fare, non si trovava in quelle riviste.
Devo ricordare... cazzarola!
Si era riavvicinato alla finestra. Deciso aveva messo fuori la testa.
Per la seconda volta era stato assalito da quella sensazione amara che gli aveva oscurato la vista e che quasi l'aveva messo ko.
Questa volta, però, non aveva nessuna intenzione di gettare la spugna. Sarebbe rimasto lì in piedi, si sarebbe messo in guardia e avrebbe affrontato la situazione. Costi quel che costi avrebbe capito perché quel delirio di colori, di odori, di rumori lo stordiva in quel modo.
Quella sua decisione gli fece prendere coraggio e in un batter d'occhio una miriade di immagini della sua città iniziarono a riempirgli la testa, i giardini Margherita in autunno, le Due Torri che toccano il cielo grigio, le bancarelle di Natale sotto i portici di via Mascarella.
Bologna non è mai stata così, non è mai stata così! Non ci assomiglia neppure… aveva constatato.
Cos'è successo?
Aveva chiuso gli occhi e per un tempo inquantificabile era rimasto come sospeso in una dimensione tutta sua di probabili risposte.
Poi una sensazione piacevole aveva iniziato a crescergli dentro.
E quando decise di riaprire gli occhi non gli ci volle molto per rendersi conto di essere tremendamente attratto da quel nuovo mondo che gli sfilava disordinato sotto gli occhi.
Avrebbe voluto scendere, immergersi nelle profondità più remote di quel mistero variopinto che sembrava richiamarlo a sé.
Il cielo azzurro, una ragazza che si stava facendo disegnare con dell'henné dei fiori di loto sulla mano, un vecchietto tutto ossa che vagava con una carriola piena di cianfrusaglie, due preti che predicavano con gesti ampi, persone intente a mercanteggiare, a discutere, instabili tendoni della croce rossa, alcuni bambini che gridavano giocando con un frisby.
Quel miscuglio d'umanità lo affascinava, lo seduceva.
Gianni, però, aveva deciso che prima di mischiarsi con tutta quella gente avrebbe dovuto riconquistare la sua identità, perché era sicuro di avere dei numeri, delle qualità, delle potenzialità. Si era risvegliato con questa sensazione.
Doveva solo ritrovare i tasselli mancanti e tutto si sarebbe aggiustato.
Percepiva chiaramente che l'aria fosse impregnata di dolore.
Lentamente si era convinto che lui avrebbe alleviato quella sofferenza, di questo era sicuro.
Ma come? Cosa so fare? Se sono un cantante dovrei cantare! Ma cosa? Non mi ricordo una canzone… forse dovrei ascoltare della musica, ma non c'è elettricità… forse quel portatile che ho visto, magari ha ancora la batteria carica.
Si era avvicinato al computer, aveva alzato il monitor. Si era acceso.
Trepidante aveva aspettato la schermata iniziale, sul desktop c'era una cartella:
“Gianni Morondi: intervista di oggi”.
Cavoli, bingo, ce l'ho fatta! Ecco chi sono! Gianni Morondi! Che bel nome! Importante!
Ansioso l'aveva aperta.
C'erano un documento di testo e una foto.
Senza esitazione aveva cliccato sull’immagine.
Muoveva freneticamente la testa fra lo specchio e il monitor.
Compiaciuto, si era riconosciuto subito.
Poi aveva iniziato a balbettare. Un grugnito incomprensibile gli usciva dalla bocca, le guanciotte piene di perplessità.
Gli occhi languidi stavano fissi sullo schermo del portatile, immobili e indagatori.
Ma che cavolo è ‘sta roba? Sono in mutande… dove sono? Sembra uno studio televisivo… allora non sono un cantante, sono uno showman. Ma perché mi sono denudato in uno studio televisivo? Come mai ho fatto una cosa del genere?
Si era grattato sotto il mento, poi sotto l’orecchio destro.
Evidentemente avevo i miei motivi! Posso non ricordarmi delle cose, ma sicuramente so che non sono un pervertito o un esibizionista, quindi ci sarà una spiegazione!
In preda a una crisi mistica si era gettato a capofitto nel documento di testo, voleva andare a fondo alla questione, gli occhi scorrevano fra le parole:
“Il noto cantautore Gianni Morondi, che da quest'anno conduce la trasmissione Un sabato con gli italiani, ieri per alzare lo share della sua trasmissione ha deciso di esibirsi in uno strip-tease quasi integrale. In studio fra lo stupore del pubblico e l'imbarazzo degli organizzatori, il bolognese…”.
Mi sono spogliato per attirare il pubblico, sono un genio! Sono un cantante-conduttore-geniale!
Aveva proseguito la lettura e con gioia aveva accolto la notizia che in, effetti, in coincidenza del suo show, lo share era aumentato, quindi la trasmissione e lo spogliarello erano stati un successone.
Aveva sorriso contento, soddisfatto di sé.
Lo sapevo! Ero un cantante! Cioè, sono un cantante, certe cose uno se le sente! Ma non mi ricordo neppure una canzone: com'è possibile?
Così aveva riaperto quella foto che lo ritraeva in mutande a braccia aperte e si era portato le mani fra i capelli. Per un po' aveva cercato di ricordare.
Niente da fare... non mi viene niente. Magari nel computer trovo qualcosa.
Aveva scovato una cartella piena di mp3. Aveva passato in rassegna decine di nomi: Fabrizio De Andrè, Lucio Dalla, White Strike, Gianna Nannini, Francesco Guccini, i Dik Dik, i New Trolls, Antonello Venditti, Manu Chao, Luciano Pavarotti, Claudio Baglioni, gli Stranglers, ma di una sua canzone neppure l'ombra. Adirato aveva dato un pugno ad una porta.
Si era gettato a carponi fra i cd, ma anche lì, in quel mucchio disordinato, c'erano solo ed esclusivamente altri nomi.
E che cazzo, non hanno neanche una mia canzone! Che radio di merda è questa? Io sono Gianni Morondi, il conduttore-cantante-geniale, e se non trovo qualcosa qui scenderò in strada! I miei fans mi accoglieranno a braccia aperte! Loro conoscono la mia musica!
Ecco cosa avrebbe fatto: sarebbe andato alla ricerca di qualcuno che l'avrebbe fatto ricongiungere con la sua arte.
- Sì, è questo quello che devo fare - aveva ruggito con gli occhi infuocati, esultando.
Si era sistemato ed era sceso alla ricerca delle sue canzoni perdute.
Nel trambusto generale nessuno sembrava accorgersi della sua presenza, solo una vecchietta l'aveva fissato per un istante, lui le aveva sorriso ma l’anziana aveva proseguito per la sua strada.
Aveva sgomitato forte per arrivare vicino alla statua del Nettuno.
Sembra che nessuno mi conosca… forse dovrei...
In un lampo aveva iniziato a spogliarsi nell'incosciente speranza di attirare l'attenzione della gente.
Era convinto che quella fosse la cosa giusta da fare.
In televisione ha funzionato alla grande... c'era scritto chiaro e tondo in quell'articolo... quindi!
E così...
…Nel bel mezzo della piazza, fra tutta quella gente, fra ceste piene di spezie, di curry, di cumino, di paprika, di pepe, si era tolto prima la giacca, poi la camicia, aveva azzardato un colpo d'anca seguito da un sorriso compiaciuto, poi un passo di tango e via con la canottiera, finché, al momento di togliersi i pantaloni, un signore di mezza età gli si era avventato contro iniziando a spingerlo.
-Che cosa fai, pervertito del cazzo!- gli aveva urlato.
-Io non sono un pervertito, sono Gianni Morondi, il cantante! Il conduttore!
-E chi se ne frega, adesso la televisione non c'è più, quindi vedi di risparmiarti queste stronzate che qui non c'è da scherzare… e tagliati quella barba! Non mi piaci!
La mano del tizio l'aveva scaraventato per terra e lui affranto aveva iniziato a piangere, raggomitolandosi su se stesso come un riccio.
Era rimasto in quella posizione per alcuni minuti.
Poi...
-Dai Gianni, alzati!
Lui aveva aperto gli occhi.
Un omone con i capelli raccolti a coda di cavallo era sopra di lui, indossava una maglia amaranto.
-Tu mi conosci?- gli aveva domandato Gianni mentre si asciugava le lacrime e si rimetteva la camicia.
-Ma sì, ovvio…
-Allora, dimmi! Dimmi!
-Che cosa? Cosa devo dirti?
-Sono un cantante?
-Sì, certo che sei un cantante!
-E sono bravo?
-Bravo? Sai... cosa posso dire… garbi a molte persone.
-E a te?
-Beh, io ho gusti particolari… non rientri proprio nel mio genere. Ma hai fatto scuola, questo è innegabile.
-Ah… bene- aveva commentato Morondi con aria smarrita.
-Dai, su, alzati.
Scorza Dura aveva condotto Gianni da alcuni amici che stavano bivaccando in un parchetto dietro la Cattedrale. Il cantante era stato accolto con simpatia, una birra e un paio di colpi di spinello.
E lì, da quelle strane persone, aveva appreso cosa fosse successo al vecchio mondo, aveva ascoltato dell'inondazione e di come molte cose fossero cambiate. Aveva iniziato a bere.
Non sembrava essere scioccato, anzi, a dir la verità, dava l'impressione che tutto quello che gli venisse raccontato gli entrasse da un orecchio per poi uscire dall'altro.
Un ometto gli aveva offerto da bere un intruglio dall'incredibile retrogusto di cannella e pepe nero.
Tra un sorso e l'altro gli descriveva nei dettagli i nuovi confini naturali.
Poi aveva iniziato a parlare del Livorno calcio e a raccontargli di come tremila livornesi fossero rimasti a Bologna.
A Gianni, però, tutte quelle chiacchiere iniziavano a far venire il mal di testa, lui voleva solamente una cosa: ascoltare una sua canzone.
Così si era alzato, era salito su una panchina e, a gran voce, aveva chiesto:
-Sì, sì, blablabla… ho visto che Bologna è cambiata! Cosa pensate, che sia un rincitrullito? È diventata un'isola? Bene, meglio, a me piace il mare! E voi siete di Livorno? Beh, se non vi piace stare qui perché non ci tornate?
Un silenzio di sconcerto aleggiava nell'aria.
-Calmati! Vogliamo solo aiutarti- aveva ringhiato un ragazzo con i capelli rasati e la maglia della Banda Bassotti.
-Se volete aiutarmi veramente…- Gianni si era fermato un attimo e si era aggiustato la frangia che gli era caduta sul viso, poi aveva continuato: -Vi prego, cantatemi una mia canzone! Io non me ne ricordo una! Vi prego!
Scorza Dura aveva guardato i suoi compagni. Si erano messi in disparte e dopo qualche minuto erano tornati affermando sorridenti:
-Va bene, compagno Morondi, abbiamo deciso che te ne canteremo una tua.
Gianni aveva gli occhi pieni di gioia.
I livornesi avevano iniziato:

Una mattina mi son svegliato
O bella ciao! Bella ciao! Bella ciao ciao ciao!
Una mattina mi son svegliato
E ho trovato l’invasor

Gianni vedeva che negli occhi di quei ragazzi c'erano emozione e gioia.
Senza indugi aveva preso la bottiglia con l'intruglio alcolico e se l'era sgolata in un sol sorso.
La trachea era un trionfo di gusti.
Aveva ascoltato tutta la canzone e alla fine era scoppiato in lacrime, farfugliando:
-E’ bellissima, grazie! Grazie!
I livornesi lo avevano abbracciato divertiti.
Poi Gianni aveva detto:
-Adesso tocca a me!
Tutto eccitato aveva ricantato l'intera canzone, con armonia, con sentimento, senza sbagliare una parola, come se realmente fosse stato lui a scriverla, come se gli appartenesse.
Mentre Gianni cantava per la quinta volta Bella Ciao, Scorza Dura aveva guardato i compagni con aria perplessa.
Cazzo, mi sa che abbiamo fatto una gran stronzata!
Aveva pensato il capo delle BAL, continuando a ripeterselo anche dopo, mentre rientravano alla tana, al quartiere occupato.

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